Viaggio verbale, ironico e drammatico, che percorre e descrive il mistero della Calabria come una regione segreta, misteriosa e arcana, fino a raccontare tutte le altre storie dell’eterna battaglia dell’uomo contro la società.
Unica arma potentissima dell'attore per assicurare una via di salvezza e di sopravvivenza per l'avvenire: la risata del pubblico.

Scheda Spettacolo






E’ la strada la vera protagonista di “Statale 106”, un viaggio verbale che percorre e descrive la Calabria come una regione segreta, misteriosa e arcana in cui prendono vita figure e personaggi senza tempo, uniti dalla comune appartenenza a una terra ancestrale che ha bisogno di trovare la sua voce scenica. La narrazione diventa allora mito classico e satira contemporanea per chiarire e spiegare l’odierna condanna all’inciviltà di un mondo che non conosce democrazia. Il cammino dell’affabulazione supera le cronologie e incontra virtualmente un’altra strada pericolosa, quella via di Baghdad che ha ospitato i tragici risvolti della liberazione di Giuliana Sgrena e in cui ha trovato la morte un eroe di oggi come Nicola Calipari, non a caso nato a Reggio Calabria.

La strada diventa il contenitore, divertente e serio, di tutte le storie raccontate: dalla Calabria all'Iraq, dall'America di Bush al meridione dei briganti, da Paride che prende Elena fino a Calipari che salva la Sgrena.

            Come sempre nella tradizione orale e nell’arte del racconto, passato e presente si confrontano e fondono a dimostrare l’eterna battaglia dell’uomo contro una società che non riesce a contenerlo e finisce per sacrificarlo. All’attore non resta che un’unica potentissima arma come l’ironia per assicurare una via di salvezza e di sopravvivenza per l’avvenire: la risata del pubblico.





“Ho scritto e poi rappresentato questo monologo – dice Argirò  pochi giorni  dopo l’omicidio di Nicola Calipari, un uomo perbene, servitore dello stato, ucciso dal fuoco amico. Il 22 marzo 2005 il Presidente della Repubblica Ciampi lo insignì della medaglia d’oro al valor militare e proprio nella stessa data a distanza di sei anni, desidero ancora ricordare, con questo mio spettacolo a un Paese senza memoria, che chi salva una vita è un uomo giusto per sempre. Per me la 106 Ionica, conosciuta come la strada della morte, è un pretesto per raccontare il potere e i suoi abusi, di cui ognuno di noi è vittima. Dal mito a oggi, il teatro è l’unica forma d’arte veramente democratica perché è un evento dal vivo che non può incorrere in una censura preventiva”.